lunedì 11 novembre 2013

II INCONTRO DEL IV ANNO: DIO E' PADRE... IN CHE SENSO?

Il secondo incontro del nostro percorso di quest'anno ci ha aiutato a scoprire e riscoprire la bellezza e la grandezza dell'affermazione principale che caratterizza la fede cristiana: Dio è nostro Padre, nostro Papà!

Abbiamo iniziato con un'attività che ci ha permesso di condividere quelle che sono le idee che abitano la nostra testa e il nostro cuore quando pensiamo a Dio: su alcuni foglietti ognuno dei presenti ha scritto 5 parole che, a suo parere, servivano per descrivere bene le caratteristiche che identificano Dio. I foglietti sono stati raccolti e ridistribuiti in maniera casuale. A turno, poi, ognuno ha dovuto eliminare, spiegandone il motivo, le carte che riportavano parole che, ancora una volta a suo parere, erano meno adatte allo scopo che ci si era proposti. Al termine di questa selezione ognuno ha spiegato il motivo per cui ha deciso di tenere per ultima proprio quella parola.

Dopo questo lavoro inziale, abbiamo cercato di approfondire gli aspetti che permettono di definire meglio in che senso Dio è Padre.

Comprendere in che senso Dio è Padre non è questione secondaria: la fede cristiana si fonda interamente su questa affermazione nuova e sconvolgente. Nessun'altra religione prima di quella fondata da Cristo si è mai permessa di considerare Dio anzitutto come un padre, intendendo questa parola nel suo pieno e completo significato.
Per l'uomo primitivo, così come ancora oggi per gli induisti e per tutti coloro che professano una fede di tipo animistico, Dio era un mistero: creatore del mondo e della vita, percepito come esistente per la bellezza, la grandezza e la perfezione del mondo e per la necessità di trovare risposte convincenti agli interrogativi più profondi che riguardano l'esistenza di tutti (chi sono? da dove vengo? dove vado?), di lui non si sapeva nulla, spesso veniva identificato con le forze della natura, era temuto e, nel culto, si cercava di imbonirlo e di placarlo.
Per gli ebrei, Dio è un alleato: fedele e buono, amico dell'uomo finché egli osserva la sua alleanza e le sue leggi, si trasforma in un implacabile vendicatore quando coloro che dicono di credere in lui infrangono le regole da lui fissate.
Per i musulmani, Dio è un padrone: a lui, che ha parlato una volta per tutte attraverso il Corano, compete dare indicazioni su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; l'uomo può e deve solo obbedire a ciò che gli viene comandato.
Per i buddisti, il problema di Dio non si pone nemmeno: il buddismo è una filosofia atea che propone all'uomo una via per trovare una presunta felicità basandosi solamente sulle proprie forze, che devono essere tutte impiegate per spegnere totalmente ogni desiderio, essendo quest'ultimo la causa di ogni sofferenza.
Per le religioni orientali (confucianesimo e taoismo), Dio è un'entità astratta ed impalpabile; la storia dell'uomo è continuamente influenzata da forze spirituali contrastanti, buone o cattive, e che si oppongono e si alternano, presentandosi in forme non sempre facilmente riconoscibili; ognuno deve saper scegliere sempre ciò che è bene, allontanando da se ogni esperienza negativa, e può trovare una via sicura da percorrere per riuscire a fare questo obbedendo ciecamente alle leggi famigliari e statali.

Per i cristiani invece, come già abbiamo detto, Dio è un Papà.
Dio è Padre eterno: la paternità di Dio non riguarda solo le sue creature. Da sempre Dio è Padre perché prima dell'inizio dei tempi egli ha generato il suo Figlio unigenito e vive con lui un rapporto di amore talmente intenso da diventare esso stesso persona, lo Spirito Santo. Dire che Dio è Padre rimanda quindi, innanzitutto al mistero trinitario, ci fa immediatamente pensare che l'essenza stessa di Dio è la relazione, la comunione, la condivisione, l'amore. Il nostro Dio non è un dio solitario, ma è un Dio che è in se stesso famiglia e vuole che il rapporto tra lui e le sue creature sia di tipo familiare.
Dio è Padre perché è Creatore. Dio è Padre anche perché ha dato origine, dal nulla, a tutto ciò che esiste. È lui che ha modellato la terra, a plasmato i cieli ed ha fissato per la creazione quelle regole e leggi perfette che la governano e le permetto di esistere e sussistere.
Dio è Padre perché da la vita. Dio è Padre perché ha dato la vita a ciascun uomo e ciascuna donna che sono vissuti, vivono e vivranno su questa terra. È lui la fonte della vita, è lui che ci dona ogni singolo giorno della nostra esistenza.
Dio è Padre perché ci ama. Dio è Padre perché ci ha voluto e amato ancora prima che venissimo formati nel grembo di nostra madre. Ogni uomo è frutto di un suo pensiero, nessuno è nato per errore, su ognuno egli ha un progetto di salvezza che serve alla sua felicità e all'edificazione del suo Regno, nella pace e nella giustizia. Egli segue passo, passo il nostro cammino, è sempre al nostro fianco, non si dimentica mai di noi, è sempre pronto ad aiutarci, se glielo chiediamo, e a concederci il suo perdono se, pentiti, torniamo a lui per chiedere la sua misericordia. Non conserva rancore e non punisce; non si dimentica di nessuno dei suoi figli, nemmeno di coloro che si allontanano da lui e lo maledicono. Attende sempre il ritorno di ognuno, per tornare a riversare il suo amore su chi si rende conto che solo nel suo abbraccio la vita ha senso e può essere vissuta nella gioia.
Dio è Padre perché ci educa. Dio è Padre perché ci parla, ci suggerisce cosa è buono e cosa è cattivo, ci indica la via giusta da seguire per realizzare la nostra vita ed aiutare gli altri a vivere bene la loro. Dio ci lascia però liberi di accogliere le sue indicazioni è di ignorarle, non stancandosi mai di ripeterci il suo punto di vista e di spronarci con l'esempio che si è fatto visibile nel suo Figlio incarnato.

Dividendoci a in questo punto in due gruppi, abbiamo cercato di tradurre in vita quello che abbiamo pensato e riflettuto, cercando di aiutarci a capire soprattutto in che modo il modo di essere Padre di Dio può aiutare e orientare l'essere genitori di noi suoi figli.


L'incontro si è concluso con una riflessione su un tema complesso e molto importante: se Dio è Padre e ci ama, perché allora la sofferenza e la morte?
Le esperienze che mettono più alla prova la nostra fede in un Dio che ci è Padre sono sicuramente il dolore, la sofferenza e la morte. Se davvero Dio ci vuole così bene, perché allora non ci esenta da tutto questo? Qualcuno direbbe addirittura: perché ci punisce in questo modo?
Innanzitutto dobbiamo distinguere due diverse forme di dolore, di sofferenza e di morte: la prima è caratterizzata dalla cattiveria dell’uomo, che molto spesso, allontanandosi dalla volontà di Dio, si comporta in maniera tale da ledere o annientare la dignità e i diritti degli altri; la seconda è invece più misteriosa, non ha una giustificazione immediata facendo ricorso a cause umane e ben identificabili, e per questo ci fa entrare maggiormente in crisi. Se alla prima possiamo trovare una motivazione senza troppe difficoltà, individuando nel peccato la radice del male, di fronte alla seconda rimaniamo muti e perplessi.
Diciamo subito che trovare una risposta soddisfacente a questi interrogativi e dare una spiegazione esauriente a questo problema non è per nulla semplice. La Scrittura e soprattutto la testimonianza di Gesù ci danno una mano, ma non bastano a risolvere tutti i nostri dubbi e le nostre obiezioni.
Fin dalle prime pagine della Genesi una verità viene affermata con forza e sicurezza: Dio non ha creato il male, non gode del male, non vuole il male: “Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono” (Sapienza 2, 23-24). E’ quindi il tentatore che, seducendo l’uomo e convincendolo a seguire la sua via piuttosto che quella suggerita da Dio, ha fatto entrare nel mondo il peccato, la trasgressione alla legge di Dio, e con essi la sofferenza e la morte. E non pensiamo che il peccato sia solo quello del leggendario Adamo, attribuendo a lui (che tra l’altro non è mai esistito!) tutte le colpe per la situazione “decaduta” nella quale ci troviamo a vivere: Adamo è ciascuno di noi, che con il suo peccato rinnova e alimenta la potenza del male nel mondo.
La sofferenza e il dolore sono inevitabilmente collegate alla nuova situazione di vita, segnata dal limite, nella quale l’uomo si è trovato a vivere per sua volontà: il nostro corpo, fatto di materia, è una macchina perfettissima che, però, è soggetta a guasti (le malattie), a volte riparabili, a volte non riparabili (in questo caso subentra la morte); alla stessa maniera il mondo nel quale abbiamo scelto di vivere, diverso da quello che Dio ha pensato per noi, anch’esso fatto di materia e segnato dal limite, è una macchina altrettanto perfetta, che a volte funziona perfettamente, a volte entra in crisi e collassa (succedono in questo caso i disastri naturali, che non sempre sono così “naturali” come ci si vorrebbe far credere..).
Ciò che però è davvero sconvolgente e che riempie di speranza è il fatto che Dio, nonostante l’uomo abbia preferito questo tipo di esperienza piuttosto che la piena comunione con lui, non ha abbandonato la sua creatura in balia di se stessa, ma la continua a seguire e ha cercato nuove vie per ricreare quella situazione di Paradiso che doveva essere condizione connaturale di vita per l’umanità. Dio ha saputo trasformare anche le occasioni di dolore, di sofferenza e di morte in esperienza di benedizione, facendosi che il suo Figlio fatto uomo le vivesse in pienezza e diventasse per noi paradigma di come dobbiamo affrontarle.
La sofferenza e il dolore sono state trasformate in occasioni nelle quali l’esercizio della carità e della solidarietà fraterna sono in grado di far gustare quale tipo di beatitudine si sperimenterà nell’eternità.
La morte è stata trasformata da conclusione assurda di una vita di sogni e speranze in porta che si apre su un mondo nuovo, dove tutto ciò che di buono e di positivo abbiamo vissuto o desiderato in questa vita ci verrà restituito o donato in pienezza, purificato da tutto ciò che nel presente rende imperfetta e momentanea anche le cose più belle. La morte, quindi, non è una punizione di Dio, ma un ulteriore segno del suo amore: egli non ha voluto che noi vivessimo per sempre in questo mondo (segnato dal male e dal peccato, dal limite e dalla sofferenza) nel quale noi abbiamo deciso di vivere, abbandonando la casa che lui ha preparato per noi; attraverso la morte ci offre la possibilità di ritornare in quel Paradiso dal quale abbiamo voluto autoescluderci.

Con la preghiera, offerta assieme ai ragazzi, abbiamo concluso il nostro incontro:


PADRE che consideri tutte le persone uguali.
NOSTRO
, di ognuno, di tutti quei milioni di persone che abitano la terra, senza differenza di età, colore o luogo di nascita.
CHE SEI NEI CIELI
e sulla terra e in ciascuna persona, negli umili e in coloro che soffrono.
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME
nei cuori pacifici di uomini e donne, bambini e anziani, qui e altrove.
VENGA IL TUO REGNO
, il tuo Regno di pace, di amore, di giustizia, di Verità, di libertà.
SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
sempre e tra tutte le nazioni e tutti i popoli.
COME IN CIELO COSI IN TERRA: che i tuoi piani di pace non siano distrutti dai violenti e dai tiranni.

DACCI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO: che sia impastato di pace e di amore, e allontana da noi il pane della discordia e dell'odio che genera gelosia e divisione.
DACCELO OGGI
perché domani potrebbe essere troppo tardi. Stanno puntando i missili, forse, qualcuno li sparerà.
RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI
, non come perdoniamo noi, ma come perdoni tu, senza risentimento senza rancore nascosto.
NON CI INDURRE IN TENTAZIONE
di guardare gli altri con sospetto, di dimenticare i nostri fratelli e le nostre sorelle nel bisogno, di accumulare per noi stessi ciò che potrebbe essere necessario per gli altri, di vivere bene a spese altrui.
LIBERACI DAL MALE che ci minaccia, dall'egoismo dei potenti, dalla morte causata dalla guerra e dalle armi; perché siamo in tanti, Padre, a desiderare di vivere in pace e di costruire la pace per tutti.


sabato 2 novembre 2013

I INCONTRO DEL III ANNO: LA STORIA DELLA SALVEZZA

Nel primo incontro di questo terzo anno, dopo aver ricordato il percorso finora compiuto, si è parlato della Storia della Salvezza, cercando di chiarire il significato di questa espressione, spesso usata e forse poco compresa.
Il tema è stato lanciato chiedendo ai genitori presente di rappresentare su un foglietto il modo con cui veniva immaginata la relazione tra Dio e l’uomo. Ne sono usciti disegni molto interessanti, che hanno permesso di addentrarsi in maniera più che significativa nella discussione.
 
Per approfondire il tema, si sono lette le definizioni date dal vocabolario alle due parole che compongono l'espressione "Storia della Salvezza":
STORIA: Narrazione sistematica dei fatti memorabili della collettività umana, fatta in base a un metodo d’indagine critica.
SALVEZZA: Condizione di salvo
Salvo = che è scampato a un pericolo, anche grave, senza riportarne alcun danno

Questo ci ha permesso di concludere che quando si parla di Storia della Salvezza, in ambito cristiano, si intende il racconto di tutti gli interventi che Dio ha compiuto nella storia per salvare l'uomo dal male e portarlo a realizzare il fine per il quale è stato creato: la felicità eterna.
 
Questa storia ha tre diverse connotazioni temporali:
PASSATO: La narrazione biblica; La storia della Chiesa; La vita dei santi
PRESENTE: La storia di amore che Dio realizza per noi e con noi al fine di rendere bella e piena di gioia la nostra vita
FUTURO: L’eternità beata nel Regno dei cieli

Per concretizzare la riflessione fatta e calarla nel concreto della vita personale e famigliare di ciascuno, abbiamo certato di rispondere insieme alle seguenti domande:
 
- Conosco la storia che Dio ha scritto nel corso dei secoli passati, raccontata nella Bibbia? Mi preoccupo di leggerla e di approfondirla? Come potrei aiutare i miei figli affinché la possano conoscere?
- So cogliere quello che Dio continua ad operare nella mia storia personale e famigliare per condurmi ad una vita piena e felice? Saprei raccontare qualche fatto che mi testimonia la vicinanza di Dio e il suo interesse per la mia vita?
- Credo che Dio guida la storia verso il pieno compimento del suo Regno e che il bene ha sempre la meglio sul male, la vita sulla morte? Come questa fede segna la mia vita di tutti i giorni?
 
Abbiamo quindi concluso con un breve momento di preghiera, nel quale abbiamo riascoltato questo bellissimo racconto aiutati dal seguente video:
 
 
 
Abbiamo quindi chiesto al Signore di renderci sempre più capaci di non dimenticare che la storia nella quale siamo inseriti è fa parte del suo progetto di salvezza e che dobbiamo collaborare con i suoi progetti per poter godere la sua gioia in questo mondo e nell'altro.

lunedì 21 ottobre 2013

I incontro del VI anno: I SACRAMENTI, UN DONO DA VIVERE

Il primo incontro del VI anno, tappa fondamentale del percorso di iniziazione cristiana che culminerà con la celebrazione dei Sacramenti dell'Eucarestia e della Cresima, è iniziato con una riflessione con divisa sul senso e il valore dei Sacramenti in generale.

Un'idea è stata riproposta e ribadita con forza fin dall'inizio ai genitori presenti: i Sacramenti non costituiscono il termine del percorso di formazione dei ragazzi e nemmeno degli adulti. Sono sicuramente un momento importante, fondamentale di questo cammino, che però deve poi continuare per portare ciascuno a vivere da cristiano: questo il vero obiettivo dell'itinerario che stiamo condividendo. Sarebbe davvero triste, come succede per molti, che la prima Comunione corrispondesse anche con l'ultima!

Gran parte dell'incontro è stato poi utilizzato per un'attività molto significativa, che ha permesso a tutti di raccontare il modo con cui vengono vissuti i Sacramenti oggi e come si ricorda di averli vissuti quando chi oggi è adulto era al posto di chi oggi è bambino. Su un foglio diviso a metà i genitori dovevano collocare un'immagine, scelta tra quelle disponibili, o scrivere una parola che sintetizzasse il loro vissuto nel presente e nel passato rispetto all'Eucarestia e alla Cresima. Mostrando poi a tutti il lavoro preparato, ognuno a potuto spiegare le ragioni delle sue scelte, procedendo per associazioni di idee e componendo una specie di grande domino sul pavimento.

A quanto emerso si è poi aggiunto un breve approfondimento, che ha permesso di puntualizzare ancora meglio cosa "siano" e a cosa "servano" i Sacramenti.
I Sacramenti sono realtà materiali, sensibili, che permettono di lasciare entrare Dio nella nostra vita e di entrare nella vita di Dio. Per mezzo di questi segni, la grazia abita il cuore dell'uomo e lo riempie di fede, di speranza e di carità. Ovviamente si tratta solamente di piccoli semi, che producono frutto solo se sono coltivati ed alimentati.
I segni scelti per ciascun Sacramento sono stati scelti ai tempi della Chiesa delle origini, quindi entro una cultura ben precisa, perché servissero immediatamente, senza bisogno di altre spiegazioni, a far comprendere la funzione del Sacramento al quale erano abbinati.

Così l'acqua, elemento che lava e pulisce, che da vita e rinfresca, è stata abbinata al Battesimo, Sacramento che lava dal peccato e fa rinasce alla vita dei figli di Dio, introducendo il credente nella grande famiglia della Chiesa.

Alla stessa maniera il pane e il vino sono stati scelti per quel Sacramento che ci dona l'alimento indispensabile, come lo sono appunto il pane e il vino, per poter vivere la nostra vita da cristiani, senza rinchiuderci nella tristezza, ma aprendoci alla gioia: come non potremmo fare nulla senza nutrirci, alla stessa maniera non possiamo camminare nella fede e nell'amore se non siamo sostenuti dalla forza che riceviamo alla mensa eucaristica.

Infine l'olio benedetto è stato scelto per la Cresima per il duplice significato che rivestiva all'interno della cultura ebraica e greco-romana.
Per gli ebrei il segno dell'olio rimanda immediatamente alla consacrazione dei re, dei profeti e dei sacerdoti: è proprio questa triplice consacrazione che viene conferita a chi viene unto con il sacro Crisma, dono che abilita a saper dominare la propria vita e le proprie passioni (regalità), a saper entrare in relazione diretta con Dio (esercizio del sacerdozio) e ad annunciare la propria fede (profezia).
Nel mondo greco-romano l'olio veniva usato per ungere i lottatori, così da rendere più difficile la presa da parte dell'avversario: alla stessa maniera chi riceve il Crisma come segno dello Spirito Santo viene sostenuto nella lotta contro il male, così da non cedere alle seduzioni e alle tentazioni del maligno.

Al termine dell'incontro ogni genitore è stato invitato a porsi una domanda molto provocante, ma allo stesso tempo molto importante: "Perché chiedo per mio figlio il dono dei Sacramenti? Quali motivazioni i spingono?". Le risposte non sono state condivise, ma è importante che la risposta a questa questione diventi consapevolezza che orienta il cammino dei prossimi incontri.

La preghiera del Padre nostro ha concluso l'incontro: a Dio abbiamo affidato i ragazzi e le loro famiglie, perché possano essere aiutati a scoprire o riscoprire la bellezza e l'importanza dei Sacramenti, così da poterli vivere davvero in pienezza, non solo quando verranno ricevuti per la prima volta, ma ogni domenica ed ogni volta che ci si accosterà alla mensa del Signore.

I incontro del IV anno: LA PREGHIERA CRISTIANA

Nel primo incontro di questo terzo anno, dopo aver ricordato il percorso finora compiuto, si è parlato della preghiera cristiana, cercando di comprenderne meglio il significato e il valore.
Il tema è stato lanciato con una breve attività, che ha permesso ai presenti di esprimersi rispetto a questo tema: avendo a disposizione la rappresentazione di diversi strumenti musicali, ognuno doveva scegliere quello che rappresentava meglio il suo concetto di preghiera e poi spiegare a tutti il motivo della sua scelta. Davvero interessanti le osservazioni e le riflessioni che sono state condivise!

A seguire, i genitori sono stati divisi in sei gruppi. Ogni gruppo aveva il compito di riflettere su un brano del Vangelo in cui Gesù parla della preghiera per evidenziare quale caratteristica di questa esperienza è messa in evidenza... di seguito un breve riassunto di quanto scoperto:

1. Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite: Padre… (Luca 11, 1-2) La preghiera cristiana è dialogo, comunicazione, stare con Dio. Tutto questo è possibile solo perché Dio per primo desidera dialogare, comunicare intrattenersi con ciascuno dei suoi figli.

2. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. (Matteo 6, 6) Si può pregare camminando, lavorando, guidando, giocando, studiando… ma per imparare a pregare in profondità occorre fermarsi in un luogo deserto e fare silenzio. Non si tratta di un deserto esteriore, ma interiore. Occorre scendere nelle profondità di se stessi e mettersi a nudo davanti a Dio

3. Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. (Matteo 6, 7-8) La preghiera non serve ad istruire Dio, facendogli conoscere le situazioni e suggerendogli le soluzioni che riteniamo migliori. Dio sa già tutto ed ha un progetto preciso da realizzare per la nostra vita e per il mondo. La preghiera “serve” ad ottenere la luce per comprendere la volontà di Dio e la forza necessaria per poterla compiere, fidandosi di lui.

4. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". (Luca 18, 13) Nessuno è degno di pregare e di entrare in intimità con Dio, ma è Lui che desidera entrare in intimità con ciascuno di noi, ci ha creati proprio per questo: perché diventiamo suoi amici. Lui sa anche benissimo che non ne siamo capaci e allora ci fa capaci Lui!  Neanche il peccato grave impedisce questa intimità perché il Suo Amore è più forte, nessuna miseria può vincere la Sua misericordia.

5. Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai… (Luca 18, 1)
Quello che Dio ci chiede non è di pregare tre volte al giorno, o cinque, o dieci, o cento… Dio vuole che tutta la nostra vita diventi preghiera, perché vuole che sia ininterrotto il nostro dialogo con lui. Ogni cosa che facciamo, se la facciamo con il desiderio di servire Dio e di portare gioia ai fratelli, è preghiera alla stessa maniera di un'ora di adorazione o di un rosario ben detto.

6. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro". (Matteo 18, 19-20) Il dialogo con Dio è personale ed intimo, ma deve anche esprimersi in forma comunitaria: in comunità si prega gli uni per gli altri, si condividono progetti e difficoltà, ci sia aiuta nel comprendere la volontà di Dio, si collabora per realizzarla, ci si corregge a vicenda quando si commettono errori, si vive concretamente quell’amore che è il cuore del messaggio cristiano.
Ci siamo poi confrontati su quanto emerso nell'approfondimento, cercando di capire come vivere, personalmente e in famiglia, quanto suggerisce il Vangelo. Tutti i presenti concordavano nell'affermare che la cosa più difficile è riuscire a proporre momenti comunitari di preghiera in famiglia, anche se è unanime la valutazione positiva di questa esperienza.

Abbiamo quindi concluso l'incontro con un breve momento di preghiera.

giovedì 17 ottobre 2013

I incontro del V anno: LE BEATITUDINI

Iniziando il nostro quinto anno, che sarà caratterizzato dalla scoperta o riscoperta del Sacramento della Penitenza, per poterlo poi celebrare con gioia e responsabilità, abbiamo voluto fermare immediatamente il nostro sguardo su ciò che è fondamentale nella vita cristiana: le beatitudini, delle indicazioni, delle vie che Gesù ci ha suggerito e che noi dobbiamo percorrere se vogliamo arrivare alla pienezza della nostra umanità e quindi alla pienezza della vita.
All’interno della comunità chi vuole essere il più grande deve farsi servo, è il servizio che qualifica il nostro vivere. Ciò che distingue il cristiano non è vivere i dieci comandamenti e considerarsi a posto ma, vivere le beatitudini. I dieci comandamenti appartengono alla religione ebraica e Gesù è andato oltre a questa religione entrando nel cristianesimo.
La maggior parte dei cristiani crede di essere a posto perché ha rispettato ad esempio il comandamento di non rubare, ignorando completamente la beatitudine di Gesù che dice di condividere quello che abbiamo. Non saremo veramente felici se ci limitiamo a non rubare, ma solo quando avremo imparato a condividere quello che possediamo, questo ci ha detto Gesù.

L’incontro è iniziato con una breve attività che ha permesso a tutti i partecipanti di mettersi in gioco, raccontando in che situazione e in che momento, a quali condizioni si sentono felici: “sono felice se…”, “sono felice quando…”, questi i due spunti che hanno provocato la riflessione di tutti.
Dopo aver letto quanto ognuno aveva scritto, la nostra attenzione si è spostata sulla proposta di Gesù, che appunto nelle beatitudini ci suggerisce le vie che SECONDO DIO ci portano, se percorse con coraggio, a trovare la vera felicità. Divisi in gruppi, i genitori hanno letto una delle otto beatitudini e hanno provato a comprenderne il significato e soprattutto le possibili traduzioni pratiche nella nostra vita quotidiana in questo tempo. Riportiamo una breve sintesi di quanto emerso…

1. Beati i poveri di Spirito perché di essi è il regno dei cieli.
La traduzione letterale è: sono felici coloro che mossi dallo Spirito Santo condividono i loro beni con gli altri, perché di essi è il regno dei cieli, cioè danno occasione al Padre di prendersi cura di loro. I poveri non sono felici del loro stato; noi cerchiamo continuamente di stare meglio, di avere di più; anche all’interno del cattolicesimo c’è sempre un cammino verso uno star meglio. Il significato non è semplicemente quello di "beati i poveri" ma, beati i poveri in Spirito. La parola "in Spirito", il più delle volte, è inteso come: io sono ricco ma sono distaccato dalle mie ricchezze, vivo la povertà nello Spirito, ma poi ho palazzi, ville, e conti in banca. Sono felici coloro che scelgono di condividere, mossi dallo Spirito Santo, quello che hanno; solo lo Spirito Santo potrà convincerci a condividere le nostre ricchezze con altri. E’ solo lo Spirito Santo che c’illumina, ci convince a condividere quello che abbiamo con altri, solo mossi da Lui. Questo è il messaggio di felicità che ci dà il Signore. Siamo dunque felici quando, mossi dallo Spirito Santo, condividiamo quello che abbiamo con gli altri.

2. Beati gli afflitti perché saranno consolati.
Non significa cercare di consolare quelle persone che sono afflitte dalla vita, ma significa che sono felici coloro che affrontano le sofferenze per toglierle agli altri, essi riceveranno Spirito Santo. Il Consolatore è lo Spirito Santo. Quando cominciamo a lavorare per il bene degli altri andiamo incontro a delle sofferenze; quando vogliamo togliere le sofferenze agli altri ciò implica una sofferenza nostra.

3. Beati i miti perché erediteranno la terra.
In questa beatitudine s’intendono coloro che sono mansueti, non violenti, che scelgono di non rispondere con violenza alla violenza che viene loro fatta, coloro che scelgono di dare risposte d’amore a chi toglie loro la dignità. Sei felice solo se rispondi sempre con amore. Sono felici coloro che sono miti, mansueti, emarginati per amore di Gesù e dei fratelli perché riceveranno una dignità da Dio. Dobbiamo rispondere sempre con amore.

4. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, saranno saziati.
Sono felici quelli che hanno a cuore il bene altrui e fanno della giustizia una condizione di vita. Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, il resto vi sarà dato in sovrappiù, ci dice il Signore. Quello di cui dobbiamo preoccuparci è di cercare prima di tutto il Regno di Dio e la Sua giustizia; quindi la giustizia di Dio è questa condivisione, condividere quello che abbiamo e quello che siamo.

5. Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia.
Misericordia non indica un sentimento, ma un’attività che rende riconoscibile una persona, non un gesto sporadico di misericordia. Tutti nella vita, almeno una volta, abbiamo fatto un gesto di misericordia, siamo stati capaci di essere buoni, bravi. Beati i misericordiosi non significa trovare un momento in cui siamo buoni e facciamo un gesto di misericordia, ma quando ABITUALMENTE facciamo del bene, abitualmente aiutiamo gli altri, solo allora troveremo misericordia. Se tu aiuti gli altri, sei misericordioso con gli altri, al momento in cui tu avrai bisogno, Dio ti farà trovare persone che aiuteranno te. Quando fai del bene ad una persona, sovente succede che quella persona non ti ricompensa. Fa parte dell’uomo rispondere in maniera negativa al bene fatto. L’aiuto di cui abbiamo bisogno ci verrà da altre parti o da altre persone.
L’importante è che quando tu avrai bisogno ci sarà sempre qualcuno mandato da Dio a venirti incontro, sempre. L’aiuto ti verrà da quelli che Dio ti manderà. Dobbiamo imparare a vivere nello spirito. Beati i misericordiosi! Sono felici coloro che abitualmente aiutano gli altri, perché abitualmente saranno aiutati dagli altri. Questa è la beatitudine sulla misericordia.

6. Beati i puri di cuore perché vedranno Dio.
La purezza non s’identifica con la totale assenza di peccato. Gesù parla poco di peccato, parla molto di amore! Sono felici i puri di cuore ci si riferisce a coloro che sono trasparenti, limpidi, sinceri. Puro di cuore può essere tradotto con questa parola, una persona che quello che ha nel cuore ce l’ha nella testa e sulle labbra, non ha doppiezza, non ha maschera. Quanti vivono sinceramente, nella limpidezza mentale, di cuore e di labbra fanno esperienza del Signore risorto. Se vogliamo vedere Gesù dobbiamo entrare in questa sincerità.

7. Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio.
Sono felici gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. Dobbiamo distinguere tra pacifico ed operatore di pace. Il pacifico è la persona accomodante. E’ sbagliato essere accomodanti, essere pacifici per il nostro bene, così facendo noi ci disinteressiamo. Beati gli operatori di pace, significa i costruttori di pace. Il costruttore di pace è una persona che, per la felicità e per la pace degli altri, crea e causa situazioni di dissenso anche a rischio di perdere la propria pace. Occupandoci della felicità degli altri perdiamo la nostra pace ma, perdendo la pace del mondo, acquistiamo la felicità di Dio. Sono felici coloro che sono disposti a perdere la pace perché lavorano per gli altri, perché saranno chiamati figli di Dio.

8. Beati i perseguitati a causa della giustizia perché di essi è il regno dei cieli.
Se noi mettiamo in pratica le beatitudini, nessuno ci batterà le mani, anzi saremo perseguitati, sputacchiati, calunniati. Forse è per questo che le beatitudini non hanno molto successo nella vita di noi cristiani. Sono felici i perseguitati a causa della fedeltà a questo programma, perché Dio si prende cura di loro. Il mondo ti potrà insultare, perseguitare ma, Dio si prenderà cura di te.


Questa è la strada per essere felici ed entrare nel Regno di Dio. Pregando insieme il “Padre nostro” abbiano concluso il nostro incontro, chiedendo a Dio che ci aiuti a vivere veramente da beati, facendo nostra la proposta di Gesù.

mercoledì 9 ottobre 2013

I incontro del II anno: IL REGNO DI DIO, INVITO ALLA CONVERSIONE

Dopo aver brevemente ricordato il percorso compiuto lo scorso anno, partito dai nostri timori e le nostre speranze in merito all'avventura che iniziava e culminato nella riflessione sull'essenza della fede quale relazione vitale con il Signore Gesù, il primo incontro di questo secondo anno si è aperto con un'attività che aveva il fine di introdurre il tema della conversione. Dopo qualche momento di silenzio, che ha permesso a tutti i partecipanti di mettere a fuoco le idee, si è fatta passare una bacchetta magica, che doveva servire ad ognuno per raccontare agli altri ciò in cui gli sarebbe piaciuto trasformarsi e le ragioni di questa scelta.
A questo punto, i partecipanti si sono divisi in gruppi per riflettere sul significato delle parole con le quali Gesù inizia l'annuncio della sua buona notizia, del suo Vangelo: "Il tempo è compiuto. Il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo". Ogni gruppo si è soffermato in particolare su una delle tre frasi che compongono questo brevissimo, ma allo stesso tempo importantissimo, discorso.

Dai lavori di gruppo è emersa una visione un po' drammatica, nella quale emerge comunque qualche prospettiva di speranza:
- "Il tempo è compiuto": da diversi questa espressione è stata letta come constatazione della situazione di assoluto degrado nella quale ormai si trova la nostra società e la nostra cultura, un punto di non ritorno rispetto al quale risuona l'imperativo divino di cambiare rotta al più presto possibile; ma allo stesso tempo annuncio di una situazione nuova che sta per nascere.
- "Il Regno di Dio è vicino": quasi una minaccia che annuncia un giudizio imminente, che punirà i cattivi e premierà i buoni; ma allo stesso tempo richiamo al fatto che Dio non è lontano dall'uomo e che la sua provvidenza non viene mai meno.
- "Convertitevi e credete al Vangelo": forte richiamo al dovere di cambiare vita, abbandonando il peccato per aderire in tutto e per tutto al messaggio del Vangelo.

L'approfondimento proposto ai genitori ha chiarito meglio il significato autentico di quello che Gesù ha detto aprendo il suo ministero pubblico. Dopo aver ricevuto il battesimo nel Giordano da Giovanni ed essere stato proclamato dal Padre suo figlio prediletto che tutti gli uomini devono ascoltare, dopo aver superato le tentazioni di Satana nel deserto, Gesù inizia il suo viaggio per la Palestina ed esordisce parlando di un tempo che si compie, di un regno che si avvicina, di una necessaria conversione per accorgersi di tutto questo ed entrare nella beatitudine riservata a chi crede.

"Il tempo è compiuto": la lunga attesa che percorre tutte le pagine dell'Antico Testamento, attesa di salvezza, attesa di liberazione, attesa di un Messia si è finalmente conclusa; Il grande dono che Dio ha da sempre pensato di fare all'umanità è finalmente stato consegnato; il Figlio di Dio si è fatto uomo ed abita in questo mondo perché il volto del Padre possa essere visibile per tutti, la sua Parola possa da tutti essere sentita, il suo amore possa da tutti essere scoperto ed accolto.

"Il Regno di Dio è vicino": non è più impossibile per l'uomo entrare nel Regno di Dio, cioè in quella condizione di vita felice, libera, serena che sarà goduta in pienezza nel Paradiso, ma che già su questa terra può essere pregustata. A tutti è offerta la possibilità di iniziare un'esistenza nuova, il Regno di Dio si avvicina grazie a Gesù, perché nel suo insegnamento egli ci comunica la verità su Dio, la verità su noi stessi e sul mondo e ci permette così di liberarci dalla menzogna e dal peccato, per aderire in pienezza al progetto di bene e di gioia che Dio ha pensato per ciascuno dei suoi figli.

"Convertitevi e credete al Vangelo": per poter accogliere questo particolare dono di grazia che Dio vuole fare a tutti gli uomini occorre convertirsi e credere al Vangelo. Questa è l'unica condizione per poter entrare nel Regno e per potersi avventurare alla sua scoperta.
Il termine "conversione" ha assunto nella nostra mentalità un significato in parte distorto: la prima idea che viene in mente sentendo questa parola è la necessità di eliminare ogni peccato dalla propria vita per poter essere accolti da Dio e risultare a lui graditi. In realtà la conversione è innanzitutto un cambio di mentalità, un inversione di marcia che ci porta ad abbandonare i finti maestri che abbiamo ascoltato fino ad ora per metterci alla sequela dell'unico e vero Maestro, il solo che merita di essere seguito perché solo lui ha parole di vita eterna.
La conversione ha quindi a che fare con la trasformazione del proprio comportamento, ma non si limita ad una semplice aggiustatina esteriore e superficiale; parte da una seria revisione del sistema di valori sul quale fondiamo la nostra esistenza e arriva, per forza di cose, a modificare ogni piccolo gesto che quotidianamente compiamo, se non nella forma, sicuramente nelle sostanza e nelle intenzioni che ci muovono dal di dentro: con sempre più totalità, sarà l'amore a diventare l'unica ragione di tutto quello che facciamo!

L'incontro si è chiuso condividendo con i genitori l'idea di consegnare ai ragazzi una specie di diario personale, che possa servire a ciascuno per tenere traccia del percorso che faremo durante gli incontri feriali e per iniziare ad entrare in una relazione personale con Gesù attraverso l'esperienza della preghiera spontanea di ringraziamento e di richiesta. Al termine di ogni incontro, infatti, i ragazzi saranno invitati a fissare un'idea che li ha colpiti nel corso dell'attività fatta insieme, e, partendo da questa, a ringraziare Gesù per quello che ha fatto per noi e a chiedere il suo aiuto per poter vivere davvero come suoi discepoli.
I genitori sono stati invitati a provare anche in famiglia a trasformare la preghiera fatta con i figli da un momento strutturato ma piuttosto formale, nel quale si ripetono semplicemente delle formule, ad un dialogo semplice ma vero con colui che è la fonte di ogni cosa bella e buona e la forza che ci può sostenere nei momenti più difficili.

Condividendo la cena e facendo quattro chiacchiere, mentre i bambini giocavano tra loro, si è concluso l'incontro.