giovedì 27 dicembre 2012

lunedì 3 dicembre 2012

I incontro del I anno: Il nuovo percorso... timori e speranze

Questo primo incontro, finalizzato essenzialmente alla conoscenza reciproca e dell'itinerario che attende il gruppo, si è aperto con la presentazione dell'equipe che si preoccuperà dell'oraganizzazione degli incontri e delle famiglie che hanno accolto la proposta di iniziare questa avventura.
 
Affiancheranno don Diego i conuigi Michele e Paola Merlini (coppia animatrice), Gabriella, Elena, Stefania, Vittoria e Marie-France (catechiste) e Carla, Camilla, Sofia e Jacopo (animatori).
I bambini coinvolti nel percorso, assieme alle loro famiglie, sono: Antonioli Filippo, Baguzzi Alessandro, Bianchi Isabella Vittoria, Bonini Luca, Bozzetti Cosma, Bucur Fabrizio, Castiglioni Giulia, Cavallotti  Francesca, Cesura Vera, Corini Gaia, della Putta Alice, dell'Orco Vittorio, Fasanini Marie Jolie, Favalli Luca, Fossa Maddalena, Fretto Riccardo, Gaiardi Francesca, Galli Claudia, Generali Alessia, Ghidetti Andrea, Girelli Alessandro, Gualdi Samuele, Guerrini Filippo, Judycki Carolina, Laudati Enrico, Maffezzoni Matilde, Mariaschi Massimo, Murelli Leone, Nespoli Stefano, Papa Chiara, Ruggeri Marta Emilia, Santini Matilde, Scotti Noemi, Tinelli Angelica, Truglia Edoardo, Zacchetti Sara.
 
L'incontro si è aperto con un'introduzione che ha motivato la scelta del nuovo percorso. Tenendo presente la situazione socio-culturale nella quale ci troviamo a vivere, in gran parte scristianizzata e non più permeata dai valori evangelici, il cammino di catechesi che viene oggi seguito nella nostra diocesi, riadattando l’itinerario catecumenale che veniva proposto ai neofiti ai tempi della Chiesa apostolica, prevede alcune novità: non prepara ai Sacramenti (che rimangono una tappa importante del percorso), ma si pone come obiettivo la formazione di cristiani convinti, entusiasti e capaci di testimoniare la propria fede; coinvolge nel cammino formativo dei ragazzi anche i genitori, per ricreare, almeno in famiglia, un clima favorevole alla comprensione e alla traduzione in pratica dei valori cristiani. Inoltre ogni incontro, non più finalizzato alla semplice trasmissione di conoscenze, ma piuttosto strutturato perchè aiuti ragazzi ed adulti a fare un'esperienza di vita cristiana, viene strutturato secondo la dinamica del laboratorio: un'animazione iniziale vuole far emergere l'esperienza dei presenti rispetto all'argomento proposto oppure far fare un'esperienza che guidi ai contenuti che si vogliono trasmettere; un successivo approfondimento chiarisce in modo breve e puntuale l'annuncio cristiano rispetto al tema; domande e lavori di gruppo dovrebbero favorire la riappropriazione di quanto comunicato.
Il nuovo percorso, strutturato in otto anni, conosce nuove tappe e contenuti, che vengono illustrati nello schema seguente:
 

Nella seconda parte dell'incontro si è riflettuto sulle speranze e i timori che abiato nel cuore dei genitori all'inizio di questo itinerario, partendo dalla visione di un filmato e dall'ascolto di una canzone preparati dalla coppia animatrice:


La maggior parte dei genitori ha indicato nell'acquisire la capacità di amare veramente la principale speranza relativa alla futuro dei figli, nel crescere senza valori il più grande timore. Da parte di tutti è emersa una forte richiesta di aiuto per riuscire al meglio nella propria opera educativa, difficile da portare avanti in un mondo che spesso propone esempi e modelli tutt'altro che positivi.
Chi meglio di Gesù può insegnare ad amare e quindi sostenere l'opera di educazione all'amore delle nostre famiglie e delle nostre comunità? Dove è possibile trovare l'aiuto desiderato se non nella comunità cristiana, famiglia nella quale la fraternità e la regola e il farsi carico dei bisogni degli altri l'unica legge? Non si è quindi potuto concludere altro che questo cammino che abbiamo inziato è davvero la risposta di cui abbiamo bisogno per realizzare le nostre speranze e vincere i nostri timori.

Nel frattempo, i bambini, nel saloncino sottochiesa, hanno imparato i nomi di tutti attraverso un gioco di conoscenza e hanno costruito un piccolo fagotto che gli servirà per affrontare il viaggio appena iniziato. Dopo aver conquistato delle orme che rappresentano i passi che si dovranno muovere insieme, hanno costruito il cartellone dei gruppi e si sono scambiati le proprie impronte, per significare che in questo percorso nessuno è da solo e tutti si devono fare compagni di viaggio degli altri.

Abbiamo concluso con una breve riflessione di Enzo Bianchi e una preghiera:
Finiamo allora per pensare l'ospitalità soltanto come indirizzata a quanti noi invitiamo: ma l'invitato non è un ospite, né le attenzioni usate verso di lui sono ospitalità...
L'altro, il vero altro, infatti, non è colui che scegliamo di invitare in casa nostra - forse anche con il retropensiero di essere poi a nostra volta invitati (cf. Lc 14,12-14) - bensì colui che emerge, non scelto, davanti a noi: è colui che giunge a noi portato semplicemente dall'accadere degli eventi e dalla trama intessuta dal nostro vivere, perché «l'ospitalità è crocevia di cammini».
Enzo Bianchi (Il Sole 24 ore, 23 maggio 2010)


Signore, ti prego per mio figlio.
E’ nato nuovo come una pagina bianca.
Nessuno vi scarabocchi sopra: non i compagni,
non la scuola, non la televisione…
E’ nato originale, unico, irripetibile:
conservi sempre la sua mente per pensare,
il suo cuore per amare.
E’ nato pieno di voglia di vivere:
mai perda la grinta per vivere con passione
e non abbia paura della fatica
per realizzare i suoi sogni
E’ nato aperto a Te:
nessuno gli sbarri la strada,
nessuno gli rubi la bussola.
E’ nato prezioso:
perché più figlio Tuo che nostro.
Custodiscilo, Signore, e amalo come sai fare Tu,
Padre Nostro che sei nei cieli
e in terra vivi nel cuore di ogni bimbo che al mondo doni.
Non è sempre facile essere genitori:
e allora Signore, vieni ad abitare anche nei nostri cuori,
nelle nostre case e aiutaci ad indicare ai nostri figli
il cammino della vera vita.
E se un giorno tutti i nostri sforzi appariranno vani
e le preghiere senza eco,
allora, Signore, finché sorgerà un mattino
e noi avremo un soffio di vita,
donaci di amarli e di credere ancora
che possano essere migliori di noi.

II incontro del III anno: Abramo... e noi?

L'obiettivo di questo nostro secondo incontro era quello di rispolverare la nostra memoria, ricordando quello che la Bibbia racconta della vicenda di Abramo, cercando poi di attualizzare la sua figura e di capire meglio cosa può insegnare a noi oggi la sua vicenda.
Abbiamo letto alcuni passi della Genesi, intervallandoli con due spezzoni di uno spettacolo teatrale che racconta la storia del patriarca..

Terach aveva settant'anni quando generò Abram, Nacor e Aran. Abram e Nacor presero moglie; la moglie di Abram si chiamava Sarài . Sarài era sterile e non aveva figli. Il Signore disse ad Abram:
"Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra".
Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem, presso la Quercia di Morè. Il Signore apparve ad Abram e gli disse: "Alla tua discendenza io darò questa terra".

 
Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: "Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande". Rispose Abram: "Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Elièzer di Damasco". Soggiunse Abram: "Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede". Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: "Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede". Poi lo condusse fuori e gli disse: "Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle"; e soggiunse: "Tale sarà la tua discendenza". Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.



Questi spunti ci hanno permesso di evidenziare alcune delle caratteristiche fondamentali di Abramo e di farci, di conseguenza, alcune domande. Nei lavori di gruppo abbiamo cercato di individuare alcune possibili risposte...

Abramo si fida di Dio e della sua promessa senza avere alcuna garanzia o riscontro immediato. Solo dopo un lungo cammino ha scoperto che la sua fiducia era stata ben riposta. Questa è l’essenza della fede: dare credito a Dio, fidandosi del suo amore, per poter vedere il compimento delle sue parole.

Cosa ci impedisce di vivere pienamente la fede?
Cosa ci rende difficile il fidarci totalmente di Dio?

Usando Agar per avere un figlio, Sara ed Abramo cercano una scorciatoia perché si possa sbloccare una situazione che orami sembrava irrisolvibile, nonostante la promessa di Dio. Ma Dio interviene per ribadire, senza mezzi termini, il suo progetto.

Quali sono le facili soluzioni che a volte ricerchiamo per risolvere in maniera sbrigativa i problemi che incontriamo in famiglia, sul lavoro, nella vita quotidiana? Sono efficaci?
Dio che cosa si aspetta da noi?
 
Dio promette, ma non esenta Abramo dal fare la sua parte perché quelle promesse si possano realizzare.
Quali promesse Dio ha fatto a noi, ai nostri figli, alla nostra famiglia?
Cosa dobbiamo e possiamo fare noi per aiutarne il compimento?
 
Dio chiede ad Abramo di sacrificare Isacco. La fede non esenta dalle difficoltà e dalle prove, ma dà la forza per affrontarle con determinazione e senza mai perdere la speranza.
 
Nella vita abbiamo mai incontrato situazioni difficili che ci hanno messo alla prova?
Come è cambiata la nostra fede in quei momenti?
 
L'incontro si è concluso con la preghiera di Michel Quoist "Aiutami a dire sì" e con il canto "Esci dalla tua terra".
 
Ho paura di dire di sì, o Signore.
Dove mi condurrai?
Ho paura di avventurarmi,
ho paura di firmare in bianco,
ho paura del sì che reclama altri sì.

Eppure non sono in pace.
Mi insegui, o Signore, sei in agguato da ogni parte.
Cerco il rumore perché temo di sentirti,
ma ti infiltri in un silenzio.
Fuggo dalla via perché ti ho intravisto,
ma mi attendi quando giungo in fondo alla strada.
Dove mi potrei nascondere? Ovunque t'incontro:
non è dunque possibile sfuggirti!

O Signore, ho paura della tua esigenza,
ma chi ti può resistere?
Affinché venga il tuo regno e non il mio,
affinché sia fatta la tua volontà e non la mia,
aiutami a dire di sì.

martedì 20 novembre 2012

II incontro del VII anno: L'inno alla carità

Il secondo incontro di questo anno si è tenuto dopo la celebrazione della conosegna del Padre nostro durante la Messa delle ore 10.00 nella nostra comunità parrocchiale e si è concluso con il pranzo insieme in oratorio.
Durante l'incontro, Gianluca Galimberti ci ha proposto una interessante riflessione sull'inno alla carità di San Paolo che è possibile riascoltare grazie al video che abbiamo realizzato e che postiamo qui sotto.
Per rivedere l'intervento, clicca sul link qui sotto.
Buona visione!

 
 

lunedì 29 ottobre 2012

I incontro del IV anno: La preghiera cristiana

Nel primo incontro di questo terzo anno, dopo aver ricordato il percorso finora compiuto e aver puntualizzato nuovamente le novità che sono state introdotte nel cammino dell'Iniziazione Cristiana nella nostra parrocchia, si è parlato della preghiera cristiana, cercando di comprenderne meglio il significato e il valore.
Il tema è stato lanciato con un breve video che riportava alcune definizioni di "preghiera", formulate da alcuni grandi santi del passato:


A seguire, ai genitori presenti è stato chiesto di indicare quale è il luogo o il momento nel quale risulta loro più facile pregare, spiegandone anche il motivo.

Da queste suggestioni si è partiti per compiere poi un breve percorso sul tema, guidati dalla Parola di Dio... di seguito un breve riassunto di quanto scoperto:

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite: Padre… (Luca 11, 1-2) La preghiera cristiana è dialogo, comunicazione, stare con Dio. Tutto questo è possibile solo perché Dio per primo desidera dialogare, comunicare intrattenersi con ciascuno dei suoi figli.

Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. (Matteo 6, 6) Si può pregare camminando, lavorando, guidando, giocando, studiando… ma per imparare a pregare in profondità occorre fermarsi in un luogo deserto e fare silenzio. Non si tratta di un deserto esteriore, ma interiore. Occorre scendere nelle profondità di se stessi e mettersi a nudo davanti a Dio

Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. (Matteo 6, 7-8) La preghiera non serve ad istruire Dio, facendogli conoscere le situazioni e suggerendogli le soluzioni che riteniamo migliori. Dio sa già tutto ed ha un progetto preciso da realizzare per la nostra vita e per il mondo. La preghiera “serve” ad ottenere la luce per comprendere la volontà di Dio e la forza necessaria per poterla compiere, fidandosi di lui.

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". (Luca 18, 13) Nessuno è degno di pregare e di entrare in intimità con Dio, ma è Lui che desidera entrare in intimità con ciascuno di noi, ci ha creati proprio per questo: perché diventiamo suoi amici. Lui sa anche benissimo che non ne siamo capaci e allora ci fa capaci Lui!  Neanche il peccato grave impedisce questa intimità perché il Suo Amore è più forte, nessuna miseria può vincere la Sua misericordia.

Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai… (Luca 18, 1)
Quello che Dio ci chiede non è di pregare tre volte al giorno, o cinque, o dieci, o cento… Dio vuole che tutta la nostra vita diventi preghiera, perché vuole che sia ininterrotto il nostro dialogo con lui. Ogni cosa che facciamo, se la facciamo con il desiderio di servire Dio e di portare gioia ai fratelli, è preghiera alla stessa maniera di un'ora di adorazione o di un rosario ben detto.

In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro". (Matteo 18, 19-20) Il dialogo con Dio è personale ed intimo, ma deve anche esprimersi in forma comunitaria: in comunità si prega gli uni per gli altri, si condividono progetti e difficoltà, ci sia aiuta nel comprendere la volontà di Dio, si collabora per realizzarla, ci si corregge a vicenda quando si commettono errori, si vive concretamente quell’amore che è il cuore del messaggio cristiano.

La Bibbia contiene un intero libro composto da preghiere, il libro dei Salmi… La tradizione della Chiesa, i santi ci hanno trasmesso delle preghiere bellissime e commoventi…
Le preghiere che abbiamo imparato a memoria, le preghiere scritte da altri fratelli o sorelle che ci hanno preceduto nell'avventura della fede, possono sicuramente aiutarci ad entrare nel clima giusto per pregare, ma non sono assolutamente sufficienti se esauriscono completamente il tempo del nostro rapporto con Dio: ciò che conta è arrivare ad un dialogo intimo e personale con Dio.


Ci siamo poi confrontati su quanto emerso nell'approfondimento, prima in gruppo e poi tutti insieme, cercando di capire come vivere, personalmente e in famiglia, quanto suggerisce il Vangelo. Tutti i presenti concordavano nell'affermare che la cosa più difficile è riuscire a proporre momenti comunitari di preghiera in famiglia, anche se è unanime la valutazione positiva di questa esperienza.

Abbiamo quindi concluso l'incontro con un breve momento di preghiera e il canto "L'unico Maestro".

I incontro del VII anno: L'inno alla carità di San Paolo

In preparazione alla consegna dell'Inno alla Carità, in questo primo incontro dell'anno abbiamo iniziato a riflettere su questo importantissimo testo che San Paolo ha consegnato alla Chiesa di tutti i tempi come irrinunciabile punto di riferimento.
Dopo aver ascoltato la canzone "Se non ami" di Nek,



ci siamo inoltrati nella lettura e in una breve analisi del testo e del suo contesto, arrivando ad evidenziare quanto di seguito riportato.

Paolo era approdato a Corinto attorno al 51, durante il suo secondo viaggio missionario, e vi era rimasto a lungo con varie vicende. La città era un importante centro commerciale, dove si incrociavano esperienze culturali, sociali e religiose differenti, ma in essa prosperavano anche la corruzione e la degenerazione morale. La stessa comunità cristiana aveva probabilmente respirato quest'atmosfera e ben presto si era rivelata divisa, segnata da crisi etiche, da problemi teologici e pastorali. Paolo apprende notizie poco confortanti da alcuni inviati da Corinto mentre si trova ad Efeso. Siamo attorno all'anno 55. Decide allora di scrivere una lunga lettera che affronti puntigliosamente le questioni più scottanti a lui segnalate.
Nei capitoli dal 11 al 13 l'attenzione alla vita liturgica della comunità e alle sue possibili degenerazioni ai allarga in una splendida pagina sulla struttura interiore e profonda della Chiesa, concepita come corpo di Cristo, molteplice nelle sue membra e qualità ("carismi"), ma unita nell'amore (agape). E' in questo contesto che si colloca l'inno alla carità, sul quale vogliamo fermare la nostra attenzione.

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.

La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!

Nella prima parte dell'inno si riprendono i carismi che erano stati elencati nel precedente capitolo 12, come facenti parte dei doni che Dio concede agli uomini per costruire insieme la Chiesa, mettendoli in correlazione con la carità, con l'agape, con l'amore inteso alla maniera di Gesù Cristo. Il messaggio è chiaro ed evidente: anche i carismi più belli e importanti, anche le doti migliori che l'uomo riceve in dono dal suo Creatore possono essere investiti bene o male, per esaltare se stessi o per servire Dio e i fratelli: nel primo caso, quei doni non servono a nulla se l'obiettivo che l'uomo si pone non è quello di entrare nel Regno di Dio, di vivere un'esperienza di vera fraternità, di realizzare il progetto che Dio ha su di lui; nel secondo caso, se l'amore autentico è il motore che ci spingi a fare ogni cosa, mettendo a frutto i talenti che abbiamo ricevuto, allora tutto serve a farci avanzare sul cammino della santità.

Nella seconda parte dell'inno, vengono evidenziate le caratteristiche dell'"amore secondo Gesù Cristo", che deve essere l'anima di ogni pensiero, azione e scelta dell'uomo. Utilizzando il termine "carità", Paolo descrive il modo di agire di Dio (al termine "carità" si può sostituire la parola "Dio" e si otterrebbe una perfetta descrizione dell'immagine di Dio, così come emerge dalle pagine dell'Antico Testamento), il modo di agire di Gesù Cristo (al termine "carità" si può sostituire il nome "Gesù" e si otterrebbe una sua perfetta descrizione, così come emerge dalle pagine del Nuovo Testamento) e, di conseguenza, il modo di agire che il cristiano dovrebbe cercare di far sempre più suo.

Nella terza parte dell'inno, Paolo apre uno squarcio sul Paradiso, pieno compimento del Regno di Dio, dove l'amore, inteso nel modo che ha appena descritto, sarà la regola di vita che tutti seguono. Quando "vedremo Dio faccia a faccia", non ci saranno più ministeri, non ci saranno più carismi, non ci saranno più ruoli e compiti. La stessa fede e la stessa speranza, indispensabili in questa vita, cesseranno e non saranno più necessarie (non si può aver fede in ciò che già si vede né speranza in ciò che già si possiede!). Resterà solamente la carità, unico respiro in cui tutti vivranno e si muoveranno.
Vivere nella carità, con l'aiuto di Dio che si ottiene mediante la fede in lui e sostenuti dalla speranza che esplode dalla resurrezione di Cristo, è la condizione indispensabile per essere accolti nel Regno della Carità alla fine dei tempi. Vivere nella carità è l'unica scelta che l'uomo può fare per anticipare già in questo mondo, seppur in modo imperfetto, ciò che possiederà in pienezza nell'altro, instaurando rapporti di fraternità e di solidarietà, di giustizia e di pace con tutti i fratelli che condividono con lui l'avventura della vita.

Ci siamo quindi fatti alcune domande, per cercare di rendere il più possibile concreto il discorso fatto:
1. Quali ragioni, oltre all'amore senza misura, possono portare a compiere azioni eroiche?
2. Siamo capaci di amare come Paolo descrive nella seconda parte dell'inno? Quale dimensione dell'amore cristiano fatichiamo di più a vivere?
3. Siamo davvero preoccupati di imparare ad amare? Quanto tempo dedichiamo a questo "apprendistato"?
Soprattutto in riferimento all'ultima domanda, è emersa un'interessante discussione su quanto tempo spendiamo per educare i nostri figli all'amore... ci preoccupiamo molto di spingerli alla competizione, a dare il meglio di se per primeggiare... mai o quasi mai ricordiamo loro che solo se impareranno davvero ad amare potranno essere davvero felici...

Abbiamo quindi concluso con un breve momento di preghiera, chiedendo al Signore di insegnarci ad amare:
Signore, insegnaci ad amare.
C'è qualcosa che chiamiamo amore,
ma, tu sai che è meschino e avaro;
è solo un egoismo raffinato.
Non ci doniamo.
Rivendichiamo soltanto,
come un esattore di imposte.
Per questo, Signore, ti cerchiamo invano.
Tu non vivi in questa oscurità,
perché tu sei l'amore.
Tuttavia, sei così buono, che,
nonostante tutto, ci parli.
Il tuo amore è più forte della nostra corazza di buio,
così vediamo brillare la tua luce.
Gesù Cristo, insegnaci ad amare;
ogni volta di più, ogni giorno più disinteressatamente.
Non perché sentiamo bisogno d'affetto,
ma perché gli altri hanno bisogno d'amore.

sabato 27 ottobre 2012

I incontro del III anno: La storia della Salvezza

Nel primo incontro di questo terzo anno, dopo aver ricordato il percorso finora compiuto e aver puntualizzato nuovamente le novità che sono state introdotte nel cammino dell'Iniziazione Cristiana nella nostra parrocchia, si è parlato della Storia della Salvezza, cercando di chiarire il significato di questa espressione, spesso usata e forse poco compresa.
Il tema è stato lanciato chiedendo ai genitori presente di rappresentare su un foglietto il modo con cui veniva immaginata la relazione tra Dio e l’uomo. Ne sono usciti disegni molto interessanti, che hanno permesso di addendrarsi in maniera più che singificativa nella discussione.
 
Per approfondire il tema, si sono lette le definizioni date dal vocabolario alle due parole che compongono l'espressione "Storia della Salvezza":
STORIA: Narrazione sistematica dei fatti memorabili della collettività umana, fatta in base a un metodo d’indagine critica.
SALVEZZA: Condizione di salvo
Salvo = che è scampato a un pericolo, anche grave, senza riportarne alcun danno

Questo ci ha permesso di concludere che quando si parla di Storia della Salvezza, in ambito cristiano, si intende il racconto di tutti gli interventi che Dio ha compiuto nella storia per salvare l'uomo dal male e portarlo a realizzare il fine per il quale è stato creato: la felicità eterna.
 
Questa storia ha tre diverse connotazioni temporali:
PASSATO: La narrazione biblica; La storia della Chiesa; La vita dei santi
PRESENTE: La storia di amore che Dio realizza per noi e con noi al fine di rendere bella e piena di gioia la nostra vita
FUTURO: L’eternità beata nel Regno dei cieli

Per concretizzare la riflessione fatta e calarla nel concreto della vita personale e famigliare di ciascuno, abbiamo certato di rispondere insieme alle seguenti domande:
  • Conosco la storia che Dio ha scritto nel corso dei secoli passati, dalla creazione del mondo fino ad oggi, scegliendo prima il popolo ebreo e poi la Chiesa come principali destinatari dei suoi messaggi e dei suoi interventi salvifici?
  • So cogliere quello che Dio continua ad operare nella mia storia personale e famigliare per condurmi ad una vita piena e felice? Saprei raccontare qualche fatto che mi testimonia la vicinanza di Dio e il suo interesse per la mia vita?
  • Credo che Dio guida la storia verso il pieno compimento del suo Regno e che il bene ha sempre la meglio sul male, la vita sulla morte? Come questa fede segna la mia vita di tutti i giorni?
 
Abbiamo qundi concluso con un breve momento di preghiera, nel quale abbiamo riascoltato questo bellissimo racconto aiutati dal seguente video:
 
 
Abbiamo quindi chiesto al Signore di renderci sempre più capaci di non dimenticare che la storia nella quale siamo inseriti è fa parte del suo progetto di salvezza e che dobbiamo collaborare con i suoi progetti per poter godere la sua gioia in questo mondo e nell'altro.
 
Ci siamo quindi salutati, dandoci appuntamento a domenica 21 ottobre, giorno in cui, alla Messa delle 10.00, verrà consegnato ai ragazzi e alle loro famiglie il Credo, testo che in quest'anno verrà approfondito nel tentativo di comprenderlo sempre meglio per poi imparare a viverlo.

sabato 4 agosto 2012

PRE-SCUOLA IN ORATORIO

Anche quest’anno la parrocchia offre a tutti i ragazzi delle elementari e delle medie la possibilità di ritrovarsi in oratorio per ultimare i compiti delle vacanze, aiutati da amici più grandi.
Il pre-scuola avrà inizio il 27 agosto e terminerà il 7 settembre, dalle ore 9.30 alle ore 12.30. Già dalle 7.30, come durante il tempo del Gr.Est., qualche adulto sarà in oratorio per accogliere i ragazzi.
Non mancheranno tempi e momenti per il gioco e il divertimento.
Chi volesse partecipare, compili il modulo sottostante e lo riconsegni al bar dell’oratorio entro il  26 agosto 2012.
La quota di iscrizione è di € 10,00 per entrambe le settimane.




sabato 19 maggio 2012

ORATORIO IN FESTA 2012


Sta per iniziare la festa dell'oratorio, durante la quale verranno proposte diverse iniziative di tipo spirituale, culturale, sportivo per permettere a tutta la comunità di vivere questo ambiente che vorrebbe sempre più diventare lo spazio dove tutti si sentono a casa propria e possono mettere al servizio degli altri le proprie competenze e le proprie capacità, contribuendo così a creare quella società basata sulla solidarietà, sulla giustizia, sul rispetto e sulla solidarietà che tutti noi desideriamo e sognamo e che insieme, animati dalla nostra fede cristiana, possiamo realmente costuire.

Qui di seguito il programma...



Vi aspettiamo numerosi!!!

sabato 5 maggio 2012

Diario di Bordo - IV Incontro

LA FIDUCIA INTERPERSONALE COME BASE DELL'INCONTRO TRA LE PERSONE E COME FONDAMENTO DELLA CONVIVENZA UMANA.

Dopo aver visto insieme ai bambini uno spezzone de L'era glaciale, abbiamo iniziato l'incontro esprimendo, a mo' di brainstorming, il nostro parere riguardo il proverbio:

“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”

Chiedendoci se fosse più vero che chi fa da se fa per tre oppure che l'unione fa la forza, è emersa subito la convinzione che non fidarsi degli altri rinunciare alla ricchezza di rapporti e possibilità che la fiducia reciproca comporta, sia limitante. Certo, ci si espone al rischio della “fregatura”, e alcune, anche dolorose, ne sono state portate come esempio, ma l'importante, è stato detto, è non fermarsi alla fregatura”, ma da essa imparare per poter proseguire più forti e accorti di prima, senza per questo chiudersi nella sfiducia e nella solitudine.

Per qualcuno non c'è una risposta in assoluto circa il dilemma se sia meglio fidarsi o non fidarsi, ma c'è una gradazione del fidarsi: se in ambito professionale può essere abbastanza facile fidarsi nei rapporti interpersonali, già quando si mettono in gioco i sentimenti l'asticella della fiducia si alza, se poi si parla della tutela dei figli l'aprirsi alla fiducia negli altri diventa, per qualcuno veramente scelta ponderata e faticosa.


Un papà ha sottolineato come sia importante l'atteggiamento con cui noi ci rapportiamo agli altri. Un incontro non è mai tale senza l'umiltà, senza un mio approcciarmi all'altro senza un giudizio precostituito, senza aspettarmi niente in cambio, ma consegnando all'interlocutore il mio io, aprendomi per primo ad un rapporto che generi una risposta di altrettanta apertura nell'altro. In un'epoca di contatti sempre più numerosi ma sempre più mediatici e mediati si sta perdendo il portato di rischio ma anche di ricchezza e di presa in carico dell'altro, che solo il rapporto interpersonale e di fiducia comporta.

Posto che la fede che poniamo l'uno nell'altro è immagine e premessa della fede che riusciremo a porre in Dio, una mamma ha ricordato quello che Gesù disse ai suoi discepoli: “Siate dunque avveduti come lo sono i serpenti ma limpidi e chiari come colombe”. L'esortazione equivale, per i cristiani, a fidarsi degli altri, ma con intelligenza, soprattutto in un'epoca, la nostra, dove non ci si prende il tempo per attendere il maturare della fiducia reciproca, ma si vorrebbe tutto e subito anche nel campo delle relazioni interpersonali, rischiando la delusione cocente che colpisce quando un'attesa troppo alta e soprattutto troppo superficiale, viene disattesa.

A questo punto abbiamo letto un brano tratto dal romanzo “Cose che nessuno sa” di Alessandro D'Avenia, in cui veniva messo in scena un dialogo tra Franky, educatore in una casa famiglia per ragazzi problematici, e Giulio, sedicenne ospite della struttura. Il confronto verbale tra i due chiamava in causa temi vasti e profondi: la fiducia, il dolore e la rabbia che le vicende drammatiche della vita creano in chi le subisce, l'innamoramento come fidarsi dell'altro e a lui affidarsi, la fede in  Dio.

La lettura ci ha dato lo spunto per arricchire le nostre riflessioni precedenti. E' emerso come lo strumento principe per entrare in relazione con gli altri sia la parola, quando essa è verità,non semplice dire qualcosa all'altro ma a lui dirsi, consegnarsi.

Come tra Giulio e il suo educatore, così il vero incontro, il vero rapporto di fiducia, investe la totalità del nostro essere, ci porta a uscire da noi e acconsentire al rischio di giocarci in una relazione. Il paragone del testo è con l'esperienza dell'innamoramento, come dice Franky al giovane Giulio: quando ti innamorerai “Non saprai neanche tu perchè, ma ti fiderai di qualcuno più di te stesso. Sceglierai consapevolmente di rischiare la fregatura, di perdere”. Così, è stato osservato, è anche nel rapporto con Dio: lo incontriamo in diverse occasioni nella nostra vita, ma dobbiamo scegliere di vederlo, e scegliere consapevolmente il rischio che fede in Lui, così come ci viene chiesto di averla, comporta. Nel momento in cui si sceglie consapevolmente di poter perdere però, è stato osservato, anche la sconfitta non è più tale.


La fiducia, come atteggiamento naturale per l'uomo dunque, dato che veramente è impossibile vivere non fidandosi di qualcuno e questo a partire dalla nostra stessa venuta al mondo: i bambini devono fidarsi dei propri genitori per poter sopravvivere.

Ci siamo lasciati portandoci a casa tre domande su cui riflettere:

  • Hai mai incontrato nella tua vita qualcuno di cui fidarti e a cui affidarti?
  • In questi incontri importanti, quali fattori personali ti hanno ostacolato nell'aprirti all'altro, quali invece ti hanno facilitato?
  • Questi incontri ti hanno cambiato? Come?



lunedì 30 aprile 2012

don Elio Culpo incontra i genitori della mistagogia


Mistagogia … parola antica, ma densa di significato anche per noi oggi!

Coinvolge tutti i cristiani che si fanno accompagnare dopo la prima evangelizzazione alla scoperta del mistero della Chiesa e in essa del ruolo dei cristiani laici fedeli di Cristo.

E’ quanto stanno vivendo i gruppi dell’Iniziazione cristiana che hanno già celebrato i sacramenti e per aiutarli in questo sarà con noi don Elio Culpo, biblista animatore del centro di spiritualità Piccola Betania di Bozzolo, località in provincia di Mantova che fa parte della nostra Diocesi.

Don Elio, o Elio prete come ama firmarsi, incontrando i genitori dei ragazzi del VI e VII anno catechistico, ha tenuto una lectio sabato 28 aprile, alle ore 18.00, presso il nostro oratorio, aperta a tutti quanti amano la Parola di Dio e vogliono approfondirne la conoscenza.

Condividiamo con tutti coloro che non hanno potuto essere presenti il video di questo bellissimo ed interessantissimo incontro. Buona visione!!!

Incontro con don Elio Culpo

sabato 21 aprile 2012

ULTIMO INCONTRO DEL SECONDO ANNO: TIRIAMO LE FILA


Siamo arrivati alla fine del percorso di questo anno... In questo incontro abbiamo cercato di riassumere e ricordare tutto quello che in questo anno ci siamo detti...

Abbiamo iniziato guardando insieme con i bambini una sintesi di un cartone sulla vita di Gesù, che ci ha presentato i momenti più salienti della sua vita e i contenuti più importanti del suo insenamento.

Dopo aver salutato i bambini, ci siamo divisi in quattro gruppi. Ad ogni gruppo è stata affidata una delle seguenti parole, che riassumono lo stile di vita che Gesù suggerisce ai suoi: AMORE, GRATUITA', RICONOSCERSI CREATURA, UMILTA'. La consegna era di definire, confrontandosi tra di loro, questi concetti, utilizzando parole semplici, immaginando per esempio di doverli spiegare ai figli.

Un rappresentate di ogni gruppo ha poi raccontato a tutti quanto emerso nella discussione. Siamo così riusciti a tratteggiare un identikit abbastanza completo del discepolo di Gesù. Durante la condivisione abbiamo anche approfondire ulteriormente quanto già emerso dalla condivisione.

Sono poi state proiettate le seguenti cinque immagini, che tentano di descrivere in maniera figurata la diversa composizione che possono assumere nella persone la dimensione umana (figura grigia) e quella cristiana (quella azzurra).

L'INTIMISTA
l’intimista vive il suo essere discepolo come esperienza chiusa in se stessa e non ne vede l’intrinseca missionarietà, cioè il valore della propria fede vissuta per la società civile e per la Chiesa
LO SPIRITUALISTA
lo spiritualista non comprende che Dio lo si incontra nella concretezza dei gesti quotidiani e lo cerca in una esperienza mistica, totalmente estranea alla vita concreta
IL LIBERO PENSATORE
il libero pensatore crede che la vita è questione che riguarda solamente se stesso e non comprende che si inserisce, invece, in un progetto voluto da Dio
IL RITUALISTA
il ritualista non coglie la forza trasformante della fede, ed indossa l'abito del discepolo solo quando entra in chiesa, togliendolo immediatamente quando ne esce
IL BENE INTENZIONATO
Il ben intenzionato non sa cogliere che nella vita agisce la forza di Dio e crede di poter risolvere con la sola buona volontà ogni difficoltà e ogni crisi, senza ricorrere alla grazia dello Spirito Santo

Abbiamo capito che il il discepolo del Regno che Gesù è venuto ad iniziare in questo mondo sa perfettamente coniugare in armonia il suo essere uomo e il suo essere cristiano perchè:
- vive la fede come scelta e non per convenzione o per caso;
- ha compreso e fatto propri i valori proposti da Gesù nel Vangelo;
- cerca la coerenza tra quello che dice e quello che fa;
- sa di poter trovare il sostegno del Padre nella preghiera;
- celebra i Sacramenti come bisogno e non per tradizione o per abitudine;
- cammina insieme agli altri fratelli nella Chiesa, collaborando alla sua costruzione.

Abbiamo concluso con un breve momento di preghiera, durante il quale abbiamo chiesto a Dio l'aiuto necessario affinché la fede possa diventare un tutt'uno con la nostra vita, plasmando e modellando il nostro modo di pensare, agire ed amare.

L'appuntamento è per sabato 9 giugno, alle ore 19.30 in oratorio, per cenare insieme con tutte le altre famiglie della comunità in occasione della festa dell'oratorio.

Grazie a tutti e buon cammino!

domenica 12 febbraio 2012

Diario di Bordo - III Incontro

L'Equipe al lavoro
Abbiamo preso le mosse da alcuni punti comuni emersi dalle considerazioni di tutti i genitori nell'incontro precedente:
  • la convinzione che l’amicizia con Gesù sia un fattore molto importante nell’aiutarci a realizzare le speranze che avevamo esplicitato per i nostri figli, perché ci aiuta a trasmettere loro valori solidi, veri e che possano (almeno è nelle nostre speranze) aiutarli ad essere persone felici, serene con se stesse. 
  • la consapevolezza che il nostro ruolo di genitori nel favorire l'incontro di nostro figlio con Gesù consiste nel trasmettere (attraverso il nostro comportamento in famiglia, con gli amici, con la comunità) un esempio attraverso cui i bambini vedano una testimonianza in atto di fede vissuta. 
In questo incontro siamo partiti chiedendoci:

QUALI SONO I VALORI CHE L’AMICIZIA CON GESÙ CI AIUTA A TRASMETTERE AI NOSTRI FIGLI? 

COSA VUOL DIRE EDUCARE ATTRAVERSO L’ESEMPIO? 

La riflessione è stata introdotta dalla visione di alcune sequenze tratte dal film Into the wild (Sean Penn 2007) che narra il romanzo di formazione di un 17enne americano, Chriss Mc Handless che, in rotta di collisione con i propri genitori, parte per un viaggio che lo condurrà fin nel cuore della natura selvaggia dell’Alaska. Il film racconta la crescita e il cambiamento interiore che gli incontri e le esperienze del viaggio produrranno in Chriss, e l’effetto che la scomparsa del figlio determinerà nei suoi genitori.

Dalla discussione seuita alla visione del film è stato evidente come la partita si giocasse sul piano dei valori: i valori che i genitori ponevano a fondamento della propria esistenza (successo, prestigio sociale, denaro, autorità, rispettabilità, ecc..) erano in netto contrasto con quelli del figlio, nutrito di letteratura, ecologismo, rifiuto del consumismo, e sospinto dalla strenua ricerca della verità nei rapporti con le persone. Questo ha determinato la frattura tra Chriss e la sua famiglia, la partenza del ragazzo ma anche il suo approdo ad una possibile riappacificazione con i genitori, grazie alla forza dell'amore, del perdono, della fede (“Quando si perdona, si ama. E quando si ama, la luce di Dio scende su di noi”).

Abbiamo poi svolto un’attività ludica: divisi in due gruppi abbiamo stilato una “classifica” comune dei valori che poniamo alla base della nostra vita e che vorremmo trasmettere ai nostri figli, il tutto a partire da un elenco in parte ricavato dalla visione del film in parte preparato dagli accompagnatori. I tre valori fondamentali sono stati:

Gruppo A) AMORE – ONESTA' - UMILTA'/FAMIGLIA

Gruppo B) ALTRUISMO – AMICIZIA - UMILTA'

Una volta individuati i valori fondamentali per la nostra esistenza ci siamo chiesti: come possiamo trasmetterli ai nostri figli?

Siamo tutti consapevoli infatti che le difficoltà della relazione educativa,nel mondo di oggi, sono molteplici:

  • i ragazzi sono immersi in un relativismo di pensiero e di scelte tale per cui sembra non esistere più una Verità, ma la molteplicità smisurata delle opinioni; 
  • non solo non esiste più una Verità, ma non esiste neanche il Bene. Ognuno può decidere da sé cosa è buono e che cosa si può o non si può fare 
  • il tutto,infine, viene trasmesso da un ambiente, quello incui vivono i nostri figli, che possiede strumenti di dispotica invasione delle coscienze, al punto che spesso ci si chiede se, dinnazi a queste forze, noi genitori si abbia sufficiente capacità di educare secondo i nostri criteri di valore. 

E allora, oggi è ancora possibile educare? E a cosa possiamo educare……?

Siamo stati aiutati dalle parole di Romano Guardini:

“La vita viene destata e accesa solo dalla vita.la più potente forza di educazione consiste nel fatto che io stesso in prima persona mi protendo in avanti e mi affatico a crescere... E' proprio il fatto che io lotto per migliorarmi ciò che da credibilità alla mia sollecitudine pedagogica per l'altro... Deve sempre permanere viva una positiva, santa insoddisfazione. Siamo figure incompiute, soltanto abbozzate. Siamo credibili solo nella misura in cui ci rendiamo conto che un'identica verifica etica attende me, e colui che deve essere educato”.

In concreto il genitore deve essere una persona matura, che cura prima di tutto la propria crescita personale e ha risolto in maniera positiva il problema della propria identità. Egli sa chi è e sa dov'è.

Da ultimo, come credenti diciamo: educare significa aiutare l'altra perosna a trovare la sua strada verso Dio.


Ci siamo salutati portandoci a casa 3 domande su cui riflettere:
  • Come reagisco all'idea che educare significa educarsi?
  • Mi sento incoraggiato o sconfortato di fronte all'impegno educativo? 
  • Quali punto di riferimento ho avuto fino ad ora nell'educare e quali vorrei avere d'ora in poi?